“Con i voti di questi due giorni, in nome di una governabilità solo presunta, questo Parlamento sarà costretto a dare al Paese, a meno di scatti di reni nel voto finale segreto, una legge elettorale folle.
Con essa, come ha ricordato già qualcuno, sapremo chi vince addirittura prima di votare. Questo testo è l’apripista al Partito unico. È un golpe, un autentico stupro della democrazia.
I suoi frutti malati saranno coalizioni che rischiano di essere finte e variabili, un Parlamento composto per due terzi da uomini e donne scelti dalle segreterie di partito e non dai cittadini, e lo scollamento definitivo tra la politica e la gente comune.
Mi preme ricordare a tutti che qui dentro non siamo in molti a poter dire di essere innocenti di fronte a questo scempio. Tra i responsabili ci sono anche quei colleghi che, per ricostruire la propria verginità, oggi gridano all’inciucio perché questa legge elettorale è figlia di un accordo che tiene insieme Renzi, Berlusconi e Salvini.
Vorrei che quei colleghi non dimenticassero che proprio loro, a luglio, avevano sottoscritto un accordo sul sistema tedesco con gli stessi Renzi, Berlusconi e Salvini. Il tedeschellum era una legge altrettanto oscena e antidemocratica, solo che in quel caso ai colleghi del MoVimento 5 Stelle andava bene partecipare al banchetto che faceva fuori Fratelli d’Italia, MDP, Sinistra Italiana e tutte le altre forze politiche che come Alternativa Libera garantiscono rappresentanza a chi non si ritrova nei partiti che attualmente attirano maggiori consensi.
La libertà di scelta dell’elettore con questa schifezza sarà simile a quella di un plebiscito: sì o no. Si sente e si legge, più o meno ovunque, che questa legge penalizzi qualche forza politica e ne avvantaggi qualcun’altra. È una mezza verità.
Qui l’unico ad essere penalizzato è l’elettore, che non potrà scegliere in autonomia chi mandare in Parlamento a rappresentarlo. Alternativa Libera non voterà la fiducia su questa legge ignobile”.
Lo ha dichiarato Tancredi Turco, deputato di Alternativa Libera, annunciando nell’Aula di Montecitorio il voto contrario del proprio gruppo alla questione di fiducia posta dal governo sull’articolo 3 della riforma della legge elettorale.