Se il principio del do ut des è sempre valido, a Debora Serracchiani non rimarrà che attendere la data del 5 marzo, il day-after delle prossime elezioni politiche, per sapere se tutti i suoi “sforzi” saranno adeguatamente premiati con l’elezione alla Camera dei Deputati nella squadra del Partito Democratico.
La dimissionaria Governatrice del Friuli Venezia Giulia che si candiderà nel collegio uninominale di Trieste ha tra le mani una carta da giocarsi che potrebbe avere peso nella corsa allo scranno di Montecitorio, almeno nelle simpatie degli amministratori locali.
Prima di lasciare vacante la poltrona, infatti, la Serracchiani ha posto il suo sigillo su una norma che consente a sindaci, presidenti o consiglieri provinciali e regionali di godere di una maggiorazione del 35% sullo stipendio, qualora la rinuncia al lavoro originario avesse determinato una perdita di guadagno.
Una disposizione, sì, dai principi condivisibili, ma che si è rivelata un’arma dagli effetti perversi. Questa norma, infatti, è stata sfruttata anche dagli amministratori locali che sono già in pensione e ha consentito loro di guadagnare una maggiorazione sulle indennità di carica, seppur non ce ne sia ragione: quale perdita economica può esserci quando si percepisce una pensione fissa?
La questione è riconducibile al caso dell’assessore comunale di Porcia (PN), Anna Iacono che, essendo già in pensione, non godeva di alcun benefit. Tuttavia, dopo aver appreso che il sindaco di Pordenone, nella sua stessa posizione, usufruiva della maggiorazione del 35% sfruttando il vulnus della legge, ha pensato di fare domanda non soltanto per accedere al beneficio economico, ma ha anche preteso “tutte le somme maturate nel quinquennio precedente, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria”.
Ovviamente (ironico, ndr) l’istanza è stata accolta dal segretario del Comune, non senza però raccogliere i pareri negativi del Collegio dei Revisori Contabili dell’Ente e del Responsabile interno degli Affari Generali e Istituzionali. Il ricorso da parte di due assessori comunali ha fatto sì che sulla questione si pronunciasse la Corte dei Conti, la quale ha chiamato in causa la Governatrice, sottolineando l’urgenza di modificare questa norma, trattandosi di un regolamento regionale.
Ed ecco, dunque, che rientra in campo la Serracchiani. Con una manovra machiavellica, il Consiglio Regionale da lei presieduto si è affrettato ad approvare all’unanimità un emendamento che stabilisce come il bonus non spetti a chi è già in pensione, tuttavia gli “amministratori degli enti locali che hanno percepito, prima dell’entrata in vigore della presente legge, la maggiorazione delle indennità di funzione anche se è titolare del trattamento di quiescenza, ai sensi della disciplina di cui alla citata deliberazione, mantengono quanto già percepito”.
Uno “scherzo”, insomma, che è costato ben tre milioni di euro negli ultimi cinque anni alle casse della Regione Friuli Venezia Giulia.
L’anomalia è stata più volte denunciata da Alternativa Libera, già nel febbraio 2015, sottoponendo la situazione all’attenzione della Governatrice e dell’allora ministro per le Riforme Costituzionali, Maria Elena Boschi, richiamando i principi di uguaglianza tra tutti i cittadini titolari di un assegno pensionistico, di garanzia di una regolare gestione finanziaria, di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa dello Stato e degli Enti locali.
Nulla di tutto ciò è servito per cambiare lo stato delle cose. Alla governatrice sono state sufficienti poche righe di risposta per archiviare la questione: i diritti acquisiti dai politici non si toccano. I bonus rimangono a chi li ha intascati. Con buona pace dei cittadini che non fanno politica in Friuli.
Chissà se questa mossa sarà sufficiente a Debora Serracchiani per garantirsi l’elezione alla Camera dei Deputati.